Nessuno è un eroe, siamo tutti essere umani

L’interesse per lo stress e per le sue manifestazioni negative è andato gradualmente crescendo nel corso degli ultimi trentanni. Nel caso di operatori sanitari il contatto con un’utenza che soffre costituisce, in generale, una situazione emotivamente complessa che può minacciare il benessere psicologico e la capacità di lavorare in modo efficace.

L’impatto dell’ambiente lavorativo sul benessere individuale e sul rendimento è, particolarmente, al centro dell’attenzione da quando è stata dichiarata l’emergenza sanitaria correlata alla diffusione della COVID-19. I reparti d’emergenza sono, infatti, ambienti di lavoro particolarmente stressanti e l’esposizione ripetuta del personale a eventi come traumi e morte può avere effetti devastanti sulla salute, sul benessere fisico e psicologico, riducendone la qualità di vita professionale. Gli operatori della sanità si trovano, infatti, ad affrontare un’emergenza senza precedenti, fronteggiando quotidianamente un pericolo insidioso, invisibile, che sollecita al massimo grado il Sistema Sanitario Nazionale, aumentando i carichi di lavoro e la tensione fisica e psichica.

In un simile contesto, l’incremento dei fattori ambientali stressanti espone il personale ad un tangibile rischio di “Burnout”, con conseguenze sul piano cognitivo, comportamentale, emotivo e fisico, come stanchezza, distacco pervasivo dagli altri, ansia (soprattutto nell’approccio a pazienti febbrili), irritabilità, insonnia, scarsa concentrazione e riluttanza nei confronti del proprio lavoro. Il Burnout, condizione psicopatologica complessa da stress cronico che si sviluppa a seguito di un’esposizione prolungata a fenomeni stressogeni e dopo innumerevoli tentativi inefficaci di farvi fronte, è una condizione limite che si differenzia dal normale stress lavorativo poiché dilata la crisi professionale a crisi personale: ai turni massacranti, ritmi insostenibili, senso di incertezza, tensione e paura, si aggiungono l’isolamento sociale, dovuto alle misure di distanziamento e quarantena e l’assenza del sostegno familiare a causa del pericolo di contagio.

La paura e la preoccupazione di contagio, per sé e per i propri familiari, dovuti anche alla mancanza di dispositivi di protezione individuale adeguati, possono condurre l’operatore sanitario a un vero e proprio auto-isolamento. Il carico di lavoro aumentato riduce anche il confronto con i colleghi e il rapporto con i pazienti cambia radicalmente.

È frequente che emergano emozioni di rabbia, ostilità, frustrazione, senso di impotenza e che si manifestino sintomi depressivi e stati d’ansia con somatizzazioni, insonnia, aumento del consumo di caffeina e di tabacco. Può accadere in queste situazioni, quindi, che gli operatori diventino essi stessi pazienti non solo per possibili problemi fisici ma anche per problemi psicologici e di salute mentale; per evitare che questo accada è opportuno che sappiano riconoscere tempestivamente quando lo stress comincia ad influenzare le attività di vita quotidiana, diventando patologico.

Quando da “Eustress”, ovvero il livello di stress che ha effetti positivi sull’economia complessiva della persona, consentendo all’individuo la migliore risposta possibile alle richieste dell’ambiente circostante, diventa “Distress”, caratterizzato da uno stato di attivazione psico-fisiologica troppo elevato o che si prolunga eccessivamente nel tempo, con il conseguente esaurimento delle energie di riserva e il collasso finale, la possibile conseguenza, se non trattato e gestito accuratamente, è lo sviluppo di un disturbo mentale come il Disturbo Post Traumatico da Stress (PTSD), una psicopatologia che ha un’alta possibilità di svilupparsi nelle persone che hanno subito o assistito, anche in maniera indiretta, ad un evento traumatico violento e potenzialmente catastrofico.

L’immensa sofferenza che deriva da tale evento si traduce in flashback dell’evento traumatico, nella volontà di evitare contatti con chiunque e con qualunque cosa che lo riporti al trauma, in incubi notturni, iperattivazione reattiva ad eventi anche innocui, con attivazione di pensieri ed emozioni negativi che possono indurre a comportamenti suicidi. Per gli operatori, dunque, sono opportuni dei suggerimenti per gestire lo stress ed evitare che diventi cronico, generando disturbi mentali. Queste strategie riguardano l’acquisizione di capacità professionali e personali che evitino all’operatore di portarsi a casa la sofferenza che ogni giorno legge negli occhi dei suoi pazienti.

Il Dipartimento di Salute Mentale e Uso di Sostanze dell’OMS è intervenuto per supportare il benessere mentale e psicologico degli operatori sanitari durante la pandemia da COVID-19, invitandoli a prendersi cura di se stessi, cercando di utilizzare strategie di coping funzionali (strategie di fronteggiamento delle situazioni stressanti), come riposarsi e prendersi dei momenti di pausa al lavoro o tra un turno e l’altro, mangiare cibo salutare e in quantità sufficiente, fare attività fisica e rimanere in contatto con la famiglia e gli amici. Evitare di utilizzare strategie di coping disfunzionali, come il ricorso a tabacco, alcol o altre droghe, che a lungo termine, possono interferire col benessere fisico e mentale.

Alcuni lavoratori possono, tra l’altro, sperimentare un’esclusione da parte della propria famiglia o della comunità, a causa dello stigma e della paura. Ciò può rendere ancora più difficile una situazione già impegnativa. Quando possibile, rimanere connessi con le persone care, anche tramite modalità digitali, è un modo per mantenere i contatti, ma anche rivolgersi ai propri colleghi, che quasi sicuramente stanno vivendo esperienze simili, ai propri responsabili o ad altre persone di fiducia, potrebbe costituire un valido supporto sociale.

Quelli che oggi vengono molto spesso definiti “eroi” per l’impegno, l’abnegazione e il coraggio con cui stanno fronteggiando la situazione, sono esseri umani che, nonostante abbiano scelto una professione ad alto livello di stress e di rischio, hanno il diritto di lavorare in maniera sicura, con le adeguate misure di protezione e di essere tutelati, poiché la salute mentale dei professionisti sanitari, nel momento storico che stiamo vivendo, ha un valore inestimabile per far sì che questi siano in grado di assistere sia fisicamente ma soprattutto emotivamente, con approcci empatici e di supporto, i pazienti che ogni giorno vengono contagiati dalla pandemia da Covid- 19 e non solo.


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Dott.ssa Melania Lo Iacono

La Dott.ssa Melania Lo Iacono è Psicologa iscritta alla sezione A dell’Ordine degli Psicologi della Calabria con il n. 2051. Laureata con Lode in Psicologia presso l’Università degli Studi di Messina, le viene conferito il riconoscimento del premio alla carriera “Onore al merito”. Attualmente frequenta la scuola quadriennale di specializzazione in Psicoterapia ASCoC (Accademia di Scienze Cognitivo Comportamentali di Calabria). Svolge attività libero-professionale a Messina presso lo Studio Medico Messenion, occupandosi di prevenzione, promozione della salute, diagnosi, abilitazione-riabilitazione, somministrazione test, psicoeducazione e sostegno in ambito psicologico rivolti alla persona, al gruppo, agli organismi sociali e alle comunità.