Il legame tra obesità e cancro.


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Dott.ssa Angela Calendino

La Dott.ssa Angela Calendino è Biologa Nutrizionista iscritta all’Ordine dei Biologi sez. A della Calabria con il n. 080717. Ha conseguito la Laurea Triennale in Scienza della Nutrizione presso l’Università della Calabria e la Laurea Specialistica in Scienza dell’Alimentazione presso l’Università degli Studi di Firenze con il massimo dei voti. Attualmente svolge attività di libera professione presso il proprio Studio di Nutrizione Umana, realizza progetti volti all’educazione alimentare presso istituti scolastici ed è membro dell’Associazione Biologi Nutrizionisti Calabresi. Inoltre, sta frequentando il Master in qualità e sicurezza nell’industria alimentare (Qua.S.I.A).

Perché esiste un legame tra obesità e cancro? Innanzitutto dobbiamo capire cos’è l’obesità. Sovrappeso e obesità sono causati nella maggior parte dei casi da stili di vita scorretti, caratterizzati da uno sbilanciamento tra la quantità di energia assunta con il cibo e l’energia consumata con le diverse attività. Qualora l’apporto di energia assunto con la dieta superi il dispendio energetico, la quantità di calorie in eccesso viene immagazzinata nel nostro corpo sotto forma di tessuto adiposo, comunemente noto con il nome di grasso. Lo stile di vita odierno, basato sul consumo di cibi più ricchi di calorie e da una minore attività fisica rispetto al passato, incide fortemente sull’accumulo di tessuto adiposo, favorendo l’insorgenza di casi di sovrappeso e obesità.

Nell’uomo, il tessuto adiposo è localizzato perlopiù in due siti: sottocutaneo e viscerale. La principale funzione del tessuto adiposo è correlata al mantenimento dei livelli di energia necessari per il funzionamento del nostro organismo. Ma il tessuto adiposo funziona anche come organo endocrino, cioè è in grado di produrre degli ormoni, fattori di crescita e adipochine che sono delle proteine prodotte soltanto dal tessuto adiposo e che, una volta rilasciate nel circolo sanguigno, possono trasmettere segnali ad altri organi. L’eccesso di calorie assunte porta ad alterazioni nella risposta dei nostri tessuti all’insulina e allo stress cellulare degli adipociti stessi dovuto al surplus di accumulo di lipidi, con conseguente rilascio di citochine infiammatorie e adipochine derivanti sia dalle cellule del tessuto adiposo sia da quelle immunitarie infiltrate nel tessuto adiposo stesso. Per avere una stima della quantità di tessuto adiposo viscerale si misura la circonferenza dell’addome. Questa misurazione viene preferita a quella dell’indice di massa corporea (BMI), derivato dal rapporto tra il peso e il quadrato dell’altezza del singolo individuo, poiché maggiormente indicativa della quantità di grasso accumulata e dei rischi per la salute a essa associati. In ogni caso, nel 2016, l’AIRC ha riportato che gli individui con un alto BMI (più di 40kg/m^2) hanno fino ad 1.8 volte in più la possibilità di sviluppare il tumore rispetto a chi ha un BMI normale (18-24.9 kg/m^2). Similmente anche un’aumentata obesità addominale, valutata attraverso la misurazione della circonferenza addome, è stata associata a una maggiore incidenza di cancro al colon-retto. In ogni caso, è scientificamente riconosciuto che l’assenza di grasso in eccesso riduce il rischio di contrarre il tumore.

Le principali ipotesi emerse per spiegare la connessione esistente tra adiposità e cancro possono essere riassunte in tre grandi gruppi: le alterazioni nella via di segnale dell’insulina, l’infiammazione connessa al tessuto adiposo e il metabolismo ormonale. Gli individui obesi sono caratterizzati da un’aumentata iperinsulinemia e insulino-resistenza: quanto più sono alti BMI e circonferenza addome, tanto più tendono a incrementare i livelli di insulina in circolo. Normalmente l’insulina viene rilasciata dal pancreas in seguito all’assunzione di cibo per riequilibrare l’aumento della concentrazione di glucosio, quando la glicemia si abbassa, diminuisce anche la produzione dell’ormone. La quantità di insulina prodotta è tanto maggiore quanto più è alto il carico glicemico dei cibi assunti. Nei soggetti obesi, la produzione di insulina è più alta, specie se vengono consumati cibi ricchi di carboidrati. Ma l’eccesso di insulina è anche conseguenza di una resistenza a questo ormone.

L’insulino-resistenza è tipica di quegli individui che seguono un regime alimentare ipercalorico in maniera cronica e se l’apporto calorico non viene ridotto il pancreas impara a produrre sempre maggiori quantità di insulina portando a condizioni di iperinsulinemia. Da studi condotti in laboratorio è emerso che alti livelli di insulina possono stimolare la formazione delle prime forme di lesione nella tumorigenesi del colon retto, come i micropolipi o adenomi. L’obesità può giocare un ruolo importante nell’infiammazione e, quest’ultima, è largamente accettata come uno dei fattori predisponenti allo sviluppo del cancro. In condizioni patologiche, come l’obesità, si assiste ad un’attivazione inappropriata del sistema immunitario, che porta al perpetuarsi dell’infiammazione. Quest’ultima casa non solo il danneggiamento del tessuto interessato, ma provoca anche un’instabilità a livello genetico, con conseguente accumulo di mutazioni del DNA che possono favorire l’insorgenza o la progressione del cancro. L’obesità è in grado di interferire con la risposta ormonale: negli uomini e nelle donne in post-menopausa, il tessuto adiposo è il primo sito responsabile della sintesi di estrogeni, tant’è che un elevato BMI è stato associato con alti livelli di estradiolo ed estrone circolanti. Inoltre, per esempio, i tumori gastrointestinali hanno una differente incidenza tra uomini e donne, con una maggiore percentuale di individui affetti di sesso maschile. Anche prendendo in considerazione solo questo dato, traspare una possibile implicazione degli ormoni sessuali nella tumorigenesi.

Da tutto questo, possiamo capire che, come evidenziano alcuni studi, la perdita di peso nella popolazione obesa e il cambiamento dello stile di vita, può ridurre il rischio di ammalarsi di cancro. Proprio in questi giorni è stato pubblicato uno studio della Harvard TH Chan School of Public Health, distribuito dalla rivista “Cancer” dell’American Cancer Society (ACS). Dai dati analizzati è emerso che gli individui la cui dieta era maggiormente ricca di fibre erano tra quelli con un rischio minore dell’80%. Lo studio non dimostra che la fibra alimentare riduca direttamente il rischio di cancro al seno, ma questi risultati forniscono prove a sostegno delle linee guida dietetiche dell’American Cancer Society, confermando l’importanza di una dieta ricca di fibre, con frutta, verdura e cereali integrali.

Bibliografia
L’Intestino in testa di Antonio Moschetta